Nel 1997 il mensile Tuttomoto ha pubblicato il mio viaggio in Marocco a bordo di un Honda Parigi Dakar 600. Un’avventura fuoristrada in uno dei paesi più affascinanti che abbia mai visitato.
Cinque amici impegnati in un raid nel Nord Africa. Dall’Alto Atlante al deserto, dalla Valle del Draa a Fèz e a Tangeri. Un’esperienza unica con tratti fuoristrada non proprio facili
La Costa Atlantica scorre velocemente alla nostra destra, ma di quel Marocco selvaggio, variopinto e mutevole tanto descritto da chi questo viaggio l’ha già affrontato, per adesso non c’è traccia. Siamo in cinque, tre di Milano e due di Pistoia, un gruppo ben affiatato con moto rigorosamente attrezzate per il fuoristrada. Le estenuanti formalità doganali ci ave vano fatto temere il peggio ma, dopo un attentissimo controllo iniziale, la polizia, poi, non ci ha più fermato. Dopo Tangeri, dalla quale siamo fuggiti ansiosi di “aggredire il Nord Africa’’, Essaouira è la prima città caratteristica che incontriamo. Il profumo di antico che respiriamo nel la medina ci cala finalmente in un’atmosfera araba. Ad Agadir ci dobbiamo fermare tre giorni a causa di una caduta, ma abbiamo il tempo per una puntata a Sidi R- bat, riserva naturale e caratteristico villaggio di pescatori, sulla cui spiaggia infinita non risparmiamo sul gas dell’acceleratore. Ci stacchiamo definitivamente dalla costa e incontriamo la prima oasi, ai piedi della suggestiva casbah di Tioute.
La deviazione per l’Alto Atlante sulla S501 ci porta a toccare i 2092 metri del Tizi-n-Test. percorrendo una strada divertente, scavata nella roccia, dietro le cui curve cieche non sai mai se aspettarti un venditore di fichi d’india o un camion che l’ha presa un po’ troppo larga. Le rosse mura di Marrakech si aprono su quell’incredibile fiera delle meraviglie che è la piazza di Jemaa EI Fna. Ci fermiamo due giorni, ma rimaniamo delusi dall’aspetto troppo turistico. Muovendoci sulla P31 dopo la casbah di Te- louèt. imbocchiamo una pista impegnativa: 35 km di sterrato che attraversano canyon meravi- gliosi disseminati di villaggi sperduti e oasi fluviali il cui verde contrasta con il rosso delle rocce al tramonto. Ci rendiamo conto in breve della difficoltà di affrontare con le moto cariche un percorso fuoristradistico. costellato di curve a gomito e strapiombi. Così, lasciamo quasi tutti i bagagli nello Ksar di Ait Benhaddou. La strada che ci porterà verso le Gole del Todra è davvero rovente. È il primo scampolo di deserto che ci è dato di vedere e se le moto dovessero fermarsi adesso, rimarremmo sotto un sole da 50 gradi all’ombra: senza, però, nessuna ombra. Arrivati a Tinehrir dobbiamo fermarci. Il Todra è in piena a causa di un eccezionale acquazzone e la strada è bloccata. Dopo una nottata passata a suonare tamburi berberi, siamo pronti ad affrontare gli oltre 350 km di piste che dalle gole del Todra ci porteranno sino ad Imilchil e poi indietro alle Gole del Dades.
La strada assume mille sfaccettature. dallo sterrato alla ghiaia, dalla roccia viva al fango, dall’attraversamento di torrenti a quello di lunghe e profonde pozze d’acqua. Dopo parecchie ore passate sotto una pioggia battente il tendone-bar di Agoudal ci sembra un miraggio. Un bagno nel gelido Lago Tislit a quasi 2000 metri ci prepara al ritorno ad Ait Benhaddou dove ritiriamo i bagagli. Attraversiamo frettolosamente Ouarzazate. per lanciarci fra le rigogliose oasi della Valle del Draa. Tappa unica per arrivare a Rissani, ultimo avamposto civilizzato alle porte del Sahara. Ancora una volta ci sbarazziamo dei bagagli e affrontiamo la pista che porta a Merzouga. Sono circa 50 km di sabbia compatta, con tratti spesso troppo morbidi per rilassarsi nella guida. La mancanza assoluta di segnali ci fa dubitare più di una volta di essere sulla strada giusta, finché non appaiono in lontananza le imponenti dune dell’Erg Chebbi. Abbandonata Merzouga ci dirigiamo alla volta di Fèz. Passiamo Midelt dove in lontananza si staglia il Cirque du Jafar e deviamo, dopo circa 40 km, sulla S305 che attraversa la maestosa foresta di cedri dove le scimmie regnano sovrane.
Fèz è l’ultima città imperiale che incontriamo. Impieghiamo un giorno intero per visitarne a piedi la medina. E come fare un salto indietro nel tempo di secoli, tra concerie di pelli e laboratori artigiani in cui si lavora l’argento. Sul Rif il piacere di percorrere una strada in mezzo a lecci, querce e alberi da sughero si alterna alla preoccupazione di investire uno dei tanti ragazzini che cercano di venderci panetti di hascisc o tirarci pietre. A Ketama la polizia non entra e si vedono delle brutte facce. La nostra guida, reclutata a Fèz, ci conduce in un villaggio circondato da smisurate piantagioni di “kif”. Siamo ormai sulla strada del ritorno. A Tangeri prendiamo il traghetto per Algeciras, invece che per Sete come all’andata. Dopo pochi minuti sul suolo europeo, il rammarico di aver visto un solo millesimo di quanto avremmo potuto, lascia spazio al piacere di un buon hamburger di carne bovina (basta pecora!) e di una birra fresca.