Nel 1996 il mensile Tuttomoto ha pubblicato uno dei viaggi più emozionanti che abbia mai fatto: 12.000 km “coast to coast” in moto e tenda negli Stati Uniti. Un’avventura vissuta insieme al mio amico Luca Cannonieri, autore delle foto.
Dodicimila chilometri in 50 giorni da Los Angeles a New York, passando per il Colorado e il Texas fino a New Orleans. Da qui in volata a New York
È diffìcile descrivere le emozioni che ci assalgono al cospetto di un così stupefacente spettacolo naturale. Ci sentiamo piccoli. Ogni angolo dell’immenso parco riserva una sorpresa. La vegetazione, maestosa e imponente, lascia il passo a canyon rocciosi e fragorose cascate, sulla divertente strada tutta curve che porta al villaggio. Siamo negli Stati Uniti, immersi nel verde dello Yosemite National Park, in sella a due moto, un po’ vecchiotte, ma dignitose. Un viaggio che ci riporterà in circa un mese e mezzo fino a New York, facendoci attraversare un intero continente dalla costa pacifica a quella atlantica. Siamo partiti da San Francisco, dove abbiamo comprato le moto. Non sono Harley, ma il budget è ridotto all’osso. In fondo quel che conta è stare in sella. Abbiamo lasciato la città con il rimpianto di non aver visto un’ora di sole e con il desiderio di tornare a vivere ad Haigh Asbury, patria della psichedelia, dei Grateful Dead di Janis Joplin, dove ancora si respira aria di anni ’60.
Adesso siamo nel campeggio del parco. Cerchiamo di vivere intensamente i quattro giorni di sosta previsti, visitando il Mariposa Groove con le sue sequoie giganti, passeggiando a cavallo, facendoci portare a spasso dalle correnti del fiume e aspettando invano la visita di un orso modello Yoghi. Le moto si stanno comportando abbastanza bene. I quattro cilindri della mia Honda CB 650 Custom tuonano con insofferenza al limite di velocità imposto dalle severe leggi americane. mentre il CX 500 Deluxe di Luca fatica a superare i 5000 giri. Un problema che pensavamo dovuto alla carburazione ma che si è rivelato ben più grave: l’accensione elettronica. Beh. finché va, pensiamo, ce la teniamo in questo modo. E tutto fila liscio. La Rospa, così la chiama affettuosamente Luca, arriverà, sputacchiando, fino a New York, mangiandosi circa 12 mila chilometri nei 50 giorni di viaggio. Ma siamo solo all’inizio. Ripartiamo da Yosemite alla volta di Los Angeles, dove ci attendono alcuni amici milanesi che hanno affittato una casa per l’estate. Los Angeles è una città dove convivono realtà completamente opposte, dalle fatiscenti case dei poveri quartieri neri e portoricani alle sfarzose ville di Beverly Hills. Ma proprio queste contraddizioni rendono affascinante l’immensa metropoli. Ti può capitare di incontrare Brigitte Nielsen seduta al tavolino di un locale. Slash (il chitarrista dei Guns n’ Roses) che firma autografi dalla sua Limousine o Jovanotti che fa il bullo sulla spiaggia. Dopo le Magic Mountains. gli Hollywood Studios e l’alcolicissima festa messicana di Santa Barbara ci sentiamo pronti per ripartire. Attraverso il Mojave Desert ci dirigiamo alla volta di Las Vegas. Il sole picchia forte e l’aria condizionata nei Mac Do- nalds in cui ci fermiamo è un continuo attentato ai nostri bronchi. Arriviamo in prossimità della capitale del gioco d’azzardo che è già notte, avendo percorso decine di miglia immersi nell’oscurità più completa: quand’ecco apparire al-l’improvviso un brillante lampadario colorato in mezzo al nulla del deserto. Ci immergiamo nei neon della città. Mai visto niente di più kitsch del Caesar Palace, con i suoi centurioni romani vestiti di plastica, come di plastica sono le statue che abbondano ovunque nell’edificio. Tintinnii dappertutto, gente stregata da slot machine e tavoli da gioco. Io, Luca e gli amici milanesi giochiamo quasi tutta la notte e riusciamo anche a vincere. Al mattino, non abbiamo chiuso occhio e abbiamo pagato una stanza per niente. Ma c’è molta strada da fare.
Prossima tappa Grand Canyon. Nessun panorama al mondo può eguagliare quello che si gode dall’alto di questa incredibile ferita della Terra. Il Colorado River scorre impetuoso sul fondo, mentre il tramonto ci regala una gamma di colori che passano dal vivido arancione al rosso fuoco. Lasciamo il Grand Canyon per dirigerci verso la Navaho Reservation arrivando fino a Page, nel Glen Canyon. La strada che porta alla Monument Valley sembra infinita. È abbastanza raro che piova nel deserto. Senza dubbio, allora, dobbiamo ritenerci privilegiati perché di acqua ne prendiamo parecchia. Al praticello fiorito, che da tempo aspettava avidamente qualche goccia per resuscitare, si sostituisce il terriccio rosso della vallata (agli indiani hanno lasciato solo un mucchio di sabbia!). Nei mastodontici monumenti naturali che arredano la grande piana riconosciamo la scenografia dei più gloriosi film western. Così, una galoppata con gli indiani e una notte passata a guardare il cielo consacrano definitivamente le nostre ambizioni da cow boy. Tocchiamo il Colorado passando per Durango e raggiungiamo Santa Fe (New Mexico) nel periodo ideale: durante l’Indian Market. Fra i bassi edifici in mattoni essiccati al sole, che mescolano lo stile spagnolo a quello indiano, gli Indiani Americani, provenienti da tutti gli Stati, espongono gioielli, tessuti e ceramiche. Si respira un’atmosfera dal sapore antico che ci convince a fermarci in città. Conosciamo Jason. uno studente del luogo, che ci ospita a casa sua per qualche giorno, facendoci da Cicerone e scorrazzandoci nel deserto a bordo del suo pick- up.
Lasciamo Santa Fe già pre¬gustando Fottima cucina Cajun che troveremo a New Orleans. Ma prima ci vorranno alcuni giorni per attraversare il Texas, decisamente monotono. Sterminate praterie e pozzi di petrolio ovunque, anche nei giardini delle villette. Vorrem¬mo passare qualche giorno in un ranch, pretendendo, come unico compenso per il nostro lavoro, vitto, alloggio e qual¬che cavalcata. Che amara delusione scoprire che i cavalli sono stati sostituiti da più moderni ed efficienti pick-up! Proseguiamo. Ci vogliono due giorni per attraversare il più grosso stato degli USA, ma alla fine arriviamo a New Orleans (Louisiana), la patria del jazz. La celebre Bourbon Street è assediata dai turisti. Ormai il jazz entrare alla Preservation Jazz Hall. Il quartiere francese rap¬presenta l’attrazione principale della città. Fra le strette stradi¬ne, si stagliano edifici di stori-ca memoria, con raffinate rin¬ghiere in ferro filigranato. Lasciamo dopo quattro gior¬ni lo scalcinato motel di peri¬feria, scelto unicamente in base alle economiche tariffe, per dirigerci verso Washing¬ton. Affamati di natura sceglia¬mo la Natchez Trace Parkway. Torniamo, così, alla vita *‘on thè road” che ha caratterizzato buona parte della nostra avventura ad occidente. Dormiamo assediati dalle zanzare in una pic-nic area e ci concediamo un motel solo a Tupelo, cittadina del Tennes¬see che ha dato i natali a Elvis.
Riprendiamo il viaggio e arri¬viamo a Washington. Una città affascinante. L’impressione che si ha è quella di entrare nell’Atene del ventesimo seco¬lo. Ovunque monumenti mar¬morei e musei per tutti i gusti. Scegliamo, fra i tanti, il Na¬tional Air and Space Museum. Sulla strada per New York, abbiamo la fortuna di imbat¬terci nel Daniel’s Pub, un loca¬le sul ciglio della strada fre-quentato da bikers. Sarà per¬ché siamo simpatici o forse solo per le targhe californiane, ma siamo accolti da fratelli. Mai vista una concentrazione così alta di Harley, se non in qualche raduno monomarca. I ragazzi del pub ci accompa¬gnano in una visita del Mary¬land, e dopo qualche birra e diverse “snaps” viene il mo¬mento di accomiatarci. Arriviamo nella Grande Mela verso mezzanotte e indubbiamente dalla parte sba¬gliata: siamo ad Harlem! Impossibile non lasciarsi pren¬dere dall’inquietudine. Ovun¬que ci sono facce non sono troppo rassicuranti. Arriviamo finalmente nel cuore di Man¬hattan dove siamo attesi da amici, che ci ospiteranno fino a rivendita delle moto avvenu¬ta. New York rappresenta la quintessenza dell’America urbana: enorme, frenetica, cosmopolita. Ci fermiamo una settimana dove, fra un diverti¬mento e l’altro, cerchiamo anche degli acquirenti per le nostre moto. Non è facile. Ad ogni modo, i due enormi car¬telli “For Sale” posti sui serba¬toi attraggono l’attenzione di due ragazzi. Prima di una disa¬strosa lezione di guida, ci assi-curiamo la conclusione del contratto di vendita. Ripartiamo alla volta del¬l’Italia con un carico di espe¬rienze, immagini, suoni e odori che richiederebbe un’en-ciclopedia per essere racconta¬to, ma con un unico pensiero in testa: tornare al più presto negli USA per girare il nord- ovest e gli Stati centrali.